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L’amore ai tempi di Internet

L’amore ai tempi di Internet
L’amore ai tempi di Internet

L’obiettivo principale di questo articolo è quello di stimolare delle riflessioni sui cambiamenti intervenuti negli ultimi 50 anni nella nostra società, e di come stiano influenzando le nostre relazioni.

Probabilmente l’ambito in cui si sono registrati i cambiamenti più massicci riguarda proprio i nostri mezzi di comunicazione.
Il telefono, ad esempio, ha trovato una diffusione di massa, nelle famiglie italiane, negli anni 60.
Prima di allora l’unica forma di comunicazione possibile, soprattutto tra persone lontane, era quella epistolare.
Non c’è bisogno di andare nel medioevo, ma solo all’epoca dei nostri nonni, per sapere che, dopo aver inviato una lettera, il tempo di attesa poteva essere anche di un mese.
Se consideriamo che oggi, in Italia, qualsiasi individuo con un’età maggiore di 12 anni ha a disposizione uno smartphone, che può collegarlo, in pochi secondi, a qualsiasi altro essere umano, in qualsiasi altro luogo del mondo, ci accorgiamo di quanti straordinari cambiamenti siano intervenuti all’interno di poche generazioni.
Io non credo che in questi 50 anni siano cambiati gli esseri umani.
Sono solo cambiati i tempi di risposta. Ovvero, da un mese a pochi secondi. Vale a dire, il tempo che intercorre, da quando inviamo un messaggio, a quando vediamo la doppia spunta celeste su whatsapp.
In altri termini la tecnologia ci aiuta (apparentemente) a comunicare con altri esseri umani, ma non ci aiuta affatto a tollerare l’ansia.

A questo punto è importante chiedersi in che modo tutto questo sta influenzando le nostre relazioni affettive.
E’ importante ricordare in tal senso che esiste un legame, invisibile ma potente, tra la nostra capacità di tollerare la frustrazione, e quella che gli psicologi chiamano “forza dell’io”.
Come in molte cose, il punto di equilibrio sta nel mezzo. Si tratta di quella che Winnicot ha definito “frustrazione ottimale”.
Un eccesso di frustrazione, oppure una carenza, portano paradossalmente allo stesso risultato: un Io debole.
Va ricordato che la vita psichica si forma di fronte alla frustrazione, e non alla gratificazione.
Nel momento in cui il mondo esterno non soddisfa il bisogno, si crea un momento fondamentale, quello in cui l’apparato psichico, sollecitato dal dolore, è costretto “a fare qualcosa”. Quello è il momento in cui si crea: l’emozione, il pensiero, l’azione.
Evitare questa difficoltà, quindi, ci rende più deboli.
Il vaso incrinato, di fronte ad una pressione esterna, rischia di rompersi esattamente nel suo punto di fragilità

Se guardiamo per un attimo agli “ingredienti” che compongono una relazione sufficientemente matura, ci accorgiamo che esistono sentimenti che dovrebbero essere dedicati “tendenzialmente” al nostro partner, e che rischiano di generare insicurezza nel momento che vengono esportati all’esterno.
Gli elementi alla base di una relazione sana sono molti. Ma tendenzialmente essi appartengono a due grandi categorie: Sicurezza e Desiderio.
Nel primo caso il bisogno di Sicurezza si nutre di Fiducia, di Presenza, di Intimità.
Per creare e mantenere l’intimità in una coppia, è necessaria la fedeltà.
Al di là di ogni giudizio morale, la presenza di un terzo elemento, esterno alla coppia, può alimentare tuttalpiù il Desiderio, ma corrode il senso di fiducia ed intimità.
Superata la passione, e l’innamoramento, ciò che tiene solido il legame è l’impegno e l’assunzione di responsabilità.
La cultura “digital social” in cui viviamo, invece, è frenetica, e disimpegnata.
Siamo tutti connessi, senza fatica, ed allo stesso modo, siamo tutti facilmente sostituibili.
Essa ci induce ad una gratificazione immediata, continua, e senza fatica.
In un certo senso, l’esatto opposto di quello che chiede una relazione vera. Quest’ultima infatti ci espone alla nostra vulnerabilità, ed alla noia.
Una possibilità, fin troppo umana, resta sempre quella della fuga, per evitare di affrontare la fragilità e la fatica.
E forse nessuna epoca ci aveva mai offerto vie di fuga così immediate e semplici. A portata di clic.
L’avvento di internet, e successivamente del web 2.0, non ha fatto altro che accelerare un processo che era già in atto.
Siamo passati da relazioni appesantite (dalla tradizione, dal senso di colpa) a relazioni impoverite.
Le relazioni povere sono senza corpo, e senza anticorpi.
Sono relazioni incapaci di tollerare l’ansia, ed il conflitto.
Le relazioni “virtuali” non più mediate dai segnali del nostro corpo, ma da uno schermo, prevedono una gratificazione immediata, con il minimo di rischio.

Non vorrei aver dato fino ad adesso l’impressione che la mia idea sia, nostalgicamente, quella che le epoche precedenti siano migliori di quella attuale.
Ritengo semplicemente che epoche diverse generano ideali e valori differenti, ma purtroppo anche forme diverse di sofferenza.
Il disagio attuale appare sempre più connotato dal vuoto e dalla fatica ad essere sé stessi.
Si tratta di una sofferenza invisibile, che sta penetrando sempre più diffusamente nelle nostre relazioni. Soprattutto quelle più intime.
Che appaiono sempre più connotate dal disimpegno, dalla precarietà, e dall’assenza emotiva.
Mi rendo conto che è più facile identificare un problema che provare a risolverlo.
Quale può essere la strada, quindi, per migliorare la nostra situazione?
Se osserviamo con attenzione la gabbia in cui siamo rinchiusi, possiamo anche scorgere la via d’uscita.
Potremmo provare, ad esempio, a cercare all’interno (delle nostre relazioni) ciò che, compulsivamente, ricerchiamo all’esterno.
Se è vero che questa modalità adolescenziale appartiene all’attuale società iper-tecnologica, è altrettanto vero che noi restiamo responsabili.
Accettare anche la noia e la frustrazione, rinunciare (consapevolmente) alla gratificazione immediata. ci rende più adulti, non solo agli occhi dell’altro, ma anche di fronte a noi stessi.
Possiamo modificare le nostre abitudini, ma non possiamo modificare i principi che regolano il nostro corpo.
Il piacere e la forza derivante dal riuscire a guardare negli occhi un altro essere umano, non è minimamente paragonabile a quello suscitato da mille like su facebook.
Quest’ultimo è solo più semplice, ma non ha assolutamente la stessa efficacia.

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